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Parità di genere è il principio secondo il quale uomini e donne devono avere gli stessi diritti, opportunità e trattamento, senza alcuna discriminazione.
Il tema della parità di genere è particolarmente rilevante nel mondo del lavoro, e soprattutto in Italia, se consideriamo che, secondo il Global Gender Gap Report del World Economic Forum, il nostro Paese si posiziona all’85° posto nel mondo per quanto riguarda il Gender Gap e al sestultimo in Europa, superato solo da Macedonia del Nord, Romania, Repubblica Ceca, Ungheria e Turchia.
La mancanza di personale qualificato è già oggi considerata uno dei principali ostacoli alla crescita economica e aziendale. I Paesi che riusciranno ad attingere ad un bacino più ampio di competenze e a integrare l’enorme potenziale, spesso ancora poco utilizzato, delle donne, avranno un vantaggio competitivo importante nel lungo periodo.
Una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro può generare un impatto positivo significativo sulla produttività, aumentando il bacino di professionisti disponibili e la diversità della forza lavoro. Questo rappresenta un ulteriore incentivo per governi e imprese a rafforzare la presenza delle donne nel mondo del lavoro, oggi pari al 40,2% della forza lavoro e al 28,8% dei ruoli manageriali.
Negli ultimi 10 anni, la partecipazione delle donne nel mondo del lavoro è aumentata, sia in termini numerici generali, sia ai livelli di leadership.
Nel 2024, rileva il World Economic Forum, le donne rappresentavano il 41.2% della forza lavoro complessiva, con una crescita in quasi tutti i settori. In particolare, c’è da registrare una crescita nelle Infrastrutture (+8.9%) e nella Pubblica Amministrazione (+6.5%).
Tuttavia, un’analisi più approfondita evidenzia che uomini e donne continuano a concentrarsi in ambiti specifici, con una forte presenza femminile nei settori orientati alle persone. Secondo i dati del 2024, le donne risultano in maggioranza nell’Healthcare e nei servizi di cura (58.5%) e nell’educazione (52.9%). Settori cruciali per l’infrastruttura sociale, ma spesso caratterizzati da retribuzioni più basse, minori capitali e limitato potenziale di scalabilità economica nel lungo periodo.
Un miglior equilibrio di genere tra i diversi settori può incrementare l’innovazione, ridurre la carenza di talenti e colmare i divari retributivi, sia nelle industry che trainano la crescita economica, sia in quelle che la sostengono come parte integrante della care economy.
Questo aspetto diventa ancora più rilevante in un contesto in cui l’AI e l’automazione stanno modificando rapidamente i parametri di riferimento dei settori, ridefinendo competenze e ruoli che caratterizzeranno la prossima generazione di lavori.
Dati recenti di LinkedIn indicano che le donne hanno maggiori probabilità di ricoprire ruoli soggetti a forte trasformazione a causa della GenAI e minori probabilità di beneficiare di processi di “augmented work”. La partecipazione femminile nei settori tecnologici e dell’information & media è cresciuta fino al 35%, ma la capacità di trattenere i talenti rimane una sfida. Gli uomini risultano più rappresentati in ogni fase di carriera, in particolare nei ruoli apicali STEM.
Tuttavia, il carattere dinamico della trasformazione guidata dall’AI offre anche l’opportunità di accelerare il processo verso la parità di genere. I dati di LinkedIn mostrano che la presenza di talento femminile nell’AI sulla piattaforma è cresciuta in modo significativo tra il 2018 e il 2025 e che il divario di genere nelle competenze AI si è ridotto in 74 economie su 75. Garantire che le donne non vengano escluse da questi settori emergenti è essenziale per costruire economie resilienti e pronte per il futuro.
Come riporta il WEF, per quasi un decennio è cresciuta la presenza delle donne all’interno della leadership aziendale. Tra il 2015 e il 2024, la loro presenza nei ruoli di top management è aumentata dal 25.7% al 28.1%, mentre nel middle management è cresciuta dal 31.5% al 33.4%. Si tratta di progressi significativi, ma questa spinta negli ultimi anni si è notevolmente ridotta. Dal 2020, il divario tra donne nel middle management e nel top management è rimasto fermo al 5%, a certificare il rallentamento del progresso.
È importante notare che in 14 settori, tra cui Supply Chain e Trasporti, Servizi Finanziari e Sanità e Servizi Assistenziali, la rappresentanza femminile sta crescendo più rapidamente nel top management rispetto al middle management. Una leadership eterogenea significa maggiore redditività, innovazione e capacità di trattenere i talenti.
Qualsiasi azienda che desideri promuovere una cultura inclusiva non può concentrarsi solo sull'inclusione. È anche importante considerare cosa non è l'inclusione e come la discriminazione potrebbe ostacolare i progressi. I dati emersi da Talent Trends offrono un quadro chiaro della situazione.
Nel 2024, abbiamo chiesto ai partecipanti se avessero affrontato discriminazioni in qualsiasi momento della loro carriera, ed il 15% ha risposto in modo affermativo. Quest'anno, abbiamo invece chiesto se i professionisti avessero affrontato discriminazioni negli ultimi 12 mesi, ed il 9% ha detto di sì. In entrambi i casi, il tipo di discriminazione più frequentemente affrontato era legato all'età, con il genere in seconda posizione.
Sebbene la discriminazione possa essere un ostacolo per qualsiasi individuo, ci sono anche impatti aziendali più ampi da considerare. Sul posto di lavoro, la discriminazione non solo influisce sugli individui a livello personale, ma ha anche implicazioni sulla produttività, il morale e la retention dei dipendenti.
Problemi come stress e burnout sono tutti potenziali avvisaglie che precedono la decisione finale di dimettersi. Tutto ciò può essere indicativo di problemi culturali più profondi che un'azienda deve affrontare.
Coltivando una cultura aziendale inclusiva, rispettosa e trasparente, le aziende possono dimostrare un chiaro impegno verso pratiche etiche. Un approccio che può migliorare la lealtà e la retention, risultando in una forza lavoro più felice e soddisfatta.
I progressi compiuti dall’Italia verso l’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030, dedicato alla parità di genere, restano troppo lenti per centrare i traguardi fissati e non bastano a colmare il divario con la media europea.
Nonostante alcuni miglioramenti registrati dal 2015, tra cui l’aumento della speranza di vita delle donne, la crescita del tasso di occupazione femminile (55% nel 2022, +2,9% rispetto al 2020), la diminuzione del part-time involontario, un numero più elevato di laureate STEM (13,2% nel 2022) e una maggiore presenza femminile ai vertici aziendali e nelle assemblee regionali, i progressi rimangono limitati.
Parità di genere agenda 2030: con questo ritmo, nell’UE sarebbe raggiunta tra 67 anni, mentre per l’Italia la prospettiva è ancora più lontana. Anche l’European Institute for Gender Equality segnala un punteggio inferiore del 3,6% rispetto alla media europea. Persistono inoltre ampie differenze territoriali: le regioni più avanzate migliorano, mentre quelle in ritardo restano ferme, ampliando le distanze.
Come abbiamo visto, il divario tra uomini e donne all’interno del mercato del lavoro è ancora ampio. È importante agire fin da subito per combattere questa discriminazione e creare un mondo del lavoro più equo, per tutti. In questo senso, la Direttiva 970/23 sulla Trasparenza Salariale, mira al dipanamento delle disparità attualmente presenti.
Ma in che modo questa direttiva influenzerà la tua azienda? Scoprilo all’interno del nostro articolo completo!
Parità di genere: qual è la situazione dell’Italia in confronto al resto del mondo? In questo articolo approfondiamo:
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