Il COVID-19 non è ancora stato sconfitto. Sarebbe più corretto affermare che le aziende di tutta Europa stanno imparando a convivere col virus. Molte organizzazioni hanno riaperto i propri uffici assumendo nuovo personale ed avviando programmi di formazione per il proprio staff.

Ma allora perché non tutti i professionisti sono soddisfatti della propria posizione professionale? La verità è che i professionisti hanno dovuto lottare tra mille difficoltà durante lo scorso anno, man mano che i lockdown, le false ripartenze ed i timori per la salute facevano sentire i propri effetti. E dato che non esiste un vaccino contro le sfide di natura psicologica, è necessario mettere in atto una cultura di sostegno e politiche incentrate sul benessere se si vogliono attrarre talenti di rilievo. 

Per contribuire a raggiungere questi obiettivi, PageGroup ha condotto un sondaggio tra circa 4900 professionisti in tutta Europa da metà maggio a metà luglio per scoprire in che modo hanno affrontato la pandemia e come ritengono che i datori di lavoro debbano supportare il personale nei mesi futuri. 

Come è stata affrontata la pandemia dai candidati

L’impressione non è poi così pessimistica — quando è stato loro chiesto di riassumere in un’unica parola il proprio stato d’animo, quasi sette candidati su dieci hanno dato risposte positive. “Motivato” è stato la scelta più popolare, seguito da “speranzoso”, suggerendo che molti professionisti stanno cercando di lasciarsi alle spalle i tempi difficili affrontati. 

Tuttavia, più del 60% degli intervistati ha segnalato ripercussioni negative dovute alla pandemia. In cima alla lista sono stati indicati livelli più alti di stress/ansia (22% dei candidati), perdita o aumento di peso (20%) e peggioramento della qualità del sonno (19%). 

È troppo semplicistico attribuire la colpa di questi effetti avversi all’isolamento e al lavoro solitario da remoto — ben il 65% dei candidati ha infatti dichiarato di non essersi sentito solo lavorando da casa. Un fattore più significativo potrebbe essere invece il numero di lavoratori che hanno percepito mancanza di empatia e di comprensione da parte dei propri datori di lavoro, con il 40% che ha avuto la sensazione che il proprio superiore trascurasse la salute mentale dei dipendenti e il 50% che si è sentito meno riconosciuto per il lavoro svolto. Con o senza una struttura di supporto, i candidati hanno messo in atto strategie per affrontare la situazione di crisi, facendo attività fisica (57% degli intervistati), mangiando in modo sano (52%) e mantenendo il contatto con amici e persone care (52%), risultate le tre opzioni più votate.

Dare maggiore sostegno

Con i dipendenti sotto pressione, cosa stanno facendo concretamente le aziende per affrontare le problematiche di salute mentale? Stranamente, solo il 26% degli intervistati ha dichiarato che l’attuale o l’ultima azienda per cui hanno lavorato ha affrontato il tema della salute mentale, mentre solo il 22% ha segnalato che i datori di lavoro hanno messo in atto azioni o politiche per affrontare il problema. 

La scarsa disponibilità a parlare di salute mentale riguarda però entrambe le parti. Dal canto loro, infatti, solo il 27% dei candidati intervistati ha dichiarato di sentirsi a proprio agio a parlare di salute mentale con i propri manager. Erano molto più propensi a sollevare l’argomento con familiari (82% degli intervistati), amici (75%) e medici o professionisti di salute mentale (73%). Solo circa un terzo ha rivelato di sentirsi a proprio agio a parlare di salute mentale con i propri colleghi, suggerendo che discutere di questo argomento sul lavoro è ancora oggetto di pregiudizi.

Infine, le persone in cerca di lavoro consigliano ai datori di lavoro di adottare una cultura aziendale che attribuisca la priorità alla salute mentale. Poco più della metà ritiene che le aziende dovrebbero fare maggiormente affidamento su schemi di lavoro flessibile e prendere in considerazione politiche come il divieto di invio di e-mail o di organizzazione di riunioni al di fuori degli orari di lavoro ufficiali. Altre idee popolari proposte includono programmi di rewarding dei dipendenti (37% degli intervistati), migliore comunicazione con i superiori per il controllo della pianificazione degli orari e delle mansioni di lavoro (36%) e iniziative di “benessere” che spaziano da workshop di meditazione a corsi di alimentazione mindful (31%). 
 

Perché è importante la salute mentale nella forza lavoro post-covid

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